A pochi anni dalla fine della guerra si resero necessari nei centri storici di Montefalcone Appenninono e Smerillo alcuni interventi di ricostruzione. L’edificato storico di questi due antichi borghi è costituito da murature in pietra arenaria locale approssimativamente squadrata (sbozzata) mista a mattoni. Gran parte degli interventi si resero necessari in seguito al terremoto del settembre 1951 (VII° della scala Mercalli) che colpì l’area montuosa compresa tra le provincie di Ascoli Piceno e Macerata. Altri interventi invece furono motivati dal carattere fatiscente delle vecchie costruzioni; in entrambi i casi i lavori vennero eseguiti da imprese locali. Le operazioni di ricostruzione consistettero in demolizioni di una o più pareti e successivo rifacimento riutilizzando le fondazioni esistenti stabilizzatesi nel tempo. Questa tipologia di ricostruzione non è esclusiva di Montefalcone e Smerillo ma in questi due paesi è riscontrabile con particolare diffusione. I muri antisismici degli anni cinquanta possono essere facilmente riconosciuti nel centro storico di Montefalcone nella originaria fattezza a faccia vista. Nel centro storico di Smerillo invece sono stati in epoca recente in gran parte intonacati; ne rimangono solo alcuni di cui particolarmente significativa è la facciata di un palazzetto sulla piazza retrostante il Comune.
Le ricostruzioni di Montefalcone Appennino e Smerillo degli anni cinquanta rappresentano uno degli ultimi esempi di nuova muratura realizzata in continuità con la tradizione. Con gli anni sessanta inizierà ad affermarsi anche per questi territori dell’Appenino centrale l’uso del cemento armato che avrà uno sviluppo progressivo ed inarrestabile mentre le conoscenze dell’arte muraria verranno considerate obsolete ed abbandonate. I nuovi muri antisismici di Montefalcone e Smerillo dovevano rispettare le normative dell’allora Genio Civile; come da buona pratica furono reimpiegati i materiali di demolizione e, mantenuti gli spessori originari (attorno ai 50 cm.) ad ogni piano dovevano realizzarsi due listature di mattoni di due ricorsi ciascuna.Sempre in mattoni pieni dovevano esser costruiti i cantonali facendo attenzione alla geometria della ripresa sulla vecchia muratura di modo che la nuova parete rimanesse stabile e non soggetta a ribaltamento in caso di sisma. I nuovi muri antisismici prevedevano l’impiego di legante a base cementizia (opportunamente dosato) ed avere in corrispondenza di ogni piano un cordolo in cemento armato di circa 20 cm. Le norme richiedevano una costruzione a regola d’arte con regolarità nei ricorsi orizzontali e nella distribuzione dei diatoni costituiti da mattoni e/o pietre. Osservando i prospetti di questi muri si possono leggere chiaramente le caratteristiche costruttive delle diverse parti. Più problematico è l’esame della sezione che potrebbe non corrispondere sempre all’immagine esterna. Qualche deroga alle norme e alla regola dell’arte in effetti si è evidenziata in occasione di alcuni lavori di rifacimento di tetti e solai a testimonianza di probabili carenze nei controlli della fase esecutiva. Ancorchè potrebbero esserci talune imperfezioni costruttive questi muri continuano a restare legati omogeneamente alle murature storiche precedenti ed hanno consentito agli edifici di restare indenni superando tutti gli eventi sismici succedutisi nel corso degli ultimi 60 anni. Certamente il terreno roccioso su cui poggia l’edificato di Montefalcone e Smerillo escluderebbe l’amplificazione delle onde sismiche; tuttavia tale condizione non è sufficiente a spiegare per intero l’ottimo comportamento di questi muri rispetto ai terremoti.
L’esperienza di oltre mezzo secolo dei muri antisismici di Montefalcone e Smerillo fornisce un contributo all’avanzamento della ricerca che si è particolarmente sviluppata negli ultimi venti anni a seguito del terremoto che colpì l’Umbria e le Marche nel 1997. I significativi apporti di Giovanni Carbonara, Paolo Marconi, Giovanni Cangi, Cesare Tocci e Caterina Carocci quale evoluzione degli studi di Antonino Giuffrè ci consentono oggi ampi margini di miglioramento delle tecniche murarie rispetto gli anni cinquanta. Negli anni cinquanta non esistevano per i centri storici le restrizioni normative odierne, si potè facilmente demolire e ricostruire senza troppi vincoli. Tuttavia pur nelle differenti condizioni culturali e normative attuali la tipologia muraria descritta a fronte dei risultati raggiunti può costituirsi utile riferimento per molti casi di ricostruzione post-sisma. La muratura si caratterizza per praticità e resilienza prestandosi agli opportuni aggiornamenti per fornire incrementi dei livelli di antisismicità. Possiamo riproporre oggi la tecnica costruttiva muraria in continuità con la tradizione nella ritrovata consapevolezza dei principi che ne governano la resistenza statica e dinamica rifuggendo dagli approcci modernisti dimostratisi del tutto inadeguati negli interventi sulla muratura storica. La costruzione muraria è caratterizzata dall’assemblaggio degli elementi tra loro (pietra squadrata o sbozzata e/o mattoni) pertanto può essere disassemblata e riassemblata. I conci e le cornici costituenti la muratura smontata saranno reimpiegati per rimomontarne una nuova che dovrà prevedere in molti casi l’esatto riposizionamento degli elementi di facciata. A fronte di danni gravi associati a muratura storica di scarsa qualità e fermo restando il principio del caso per caso sono convinto che si debba considerare la possibilità di intervenire attraverso l’integrale smontaggio e rimontaggio dei muri. Il risultato sarà una ricostruzione fatta da muri veri,nuovi ed antisismici, dalle buone prestazioni energetiche in ragione del loro forte spessore. Moderni muri in continuità con la tradizione a garanzia di insuperabile durabilità e capacità di omogenea integrazione con la muratura storica sia dal punto di vista strutturale che figurativo. Nello specifico della figuratività i muri antisismici di Montefalcone e Smerillo si caratterizzano per l’assenza di cornici; un estetica grezza ed essenziale in gran parte espressa dagli architravi a vista in cemento armato disposti a filo esterno sulle aperture.Si tratta peraltro di architravi e cordoli che si contraddistinguono per un uso del cemento armato circoscritto ed in continuità con l’uso del legno. In una riproposizione tout-curt di questa tipologia muraria nulla impedirebbe di applicarvi nella superficie esterna un rivestimento (intonaco o altro) comprensivo di elementi decorativi in corrispondenza di porte e finestre secondo lo stile proprio dei luoghi. Le cosidette macerie comprendono materiali da costruzione “preziosi” quali cornici e modanature,pietre squadrate e sbozzate,mattoni e laterizi in buono stato, capochiavi,travi,etc.Materiali a costo e a chilometri zero da reimpiegare nella ricostruzione previa cernita ed accatastamento in loco. Il riuso dei materiali di demolizione è consuetudine nell’edificazione muraria determinandosi quale principale modalità di riciclaggio.Il reimpiego dei materiali provenienti dai crolli consente di riutilizzare oltre il 50% delle macerie costituendosi quale corretto approccio culturale alla ricostruzione. La tecnica costruttiva della muratura non ha mai prodotto rifiuti nè costosi processi di smaltimento ma sempre ha riutilizzato i materiali nei processi di ricostruzione e trasformazione edilizia.Una metodologia in grado di calarsi nella realtà dei diversi luoghi e delle differenti tipologie di danno e dove le capacità resilienti delle piccole imprese locali può risultare determinante ai fini di una ricostruzione rispettosa delle persone e dei territori.
Architetto Claudio Mecozzi Smerillo li 13 maggio 2017